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Intervista a Robert Faurisson

18 marzo 2007

[l’originale è qui ]

Il filmato di quest’intervista, spezzato in quattro parti, su YouTube:

parte 1 - parte 2 - parte 3 - parte 4

(ndt) Il filmato è in francese con i sottotitoli in italiano sebbene non completi; qui sotto trovare una traduzione della trascrizione integrale dell’intervista.

Traduzione della trascrizione dell’intervista

Segue una traduzione della trascrizione del dialogo tra Robert Faurisson (RF) e l’intervistatrice (IN).
I tempi indicati in grigio si riferiscono alle parti del filmato riportate sopra.


Parte 1

(RF): Buongiorno.

(IN): È domenica 18 marzo 2007; grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Potrebbe presentarsi?

(RF): Certo. Dunque, allora, mi chiamo Robert Faurisson; ho 78 anni e sono stato professore; in particolare ho insegnato alla Sorbona e presso l’Università di Lione. All’inizio la mia specialità era la letteratura francese e nel seguito quella che viene chiamata la “critica di testi e dei documenti di letteratura, storia e mezzi di comunicazione di massa,” vale a dire, come leggere un documento, come visualizzare un’immagine, ecc. Si tratta infatti di qualcosa che siamo convinti di saper fare, ma non è vero; è qualcosa che bisogna imparare. (01:00)

(IN): Lei è conosciuto in tutto il mondo da quasi 30 anni come un negazionista delle camere a gas, come si direbbe oggi. Può spiegarci come è giunto a questo status? Che cosa le è costato in termini della sua professione e ciò che le ha richiesto dal punto di vista dell’intelletto.

(RF): Sì; dunque, in effetti vengo bollato come negatore o negazionista [dell’olocausto], due appellativi che non mi piacciono perché non nego nulla. Nelle mie ricerche arrivo alla conclusione che quelle che vengono chiamate “camere a gas naziste” non sono mai esistite, e aggiungo, non avrebbero mai potuto esistere per questioni di carattere di fisica e di chimica. Le spiego il mio metodo di lavoro. È d’accordo?

(IN): Sì. Vorrei che ci spiegasse il suo metodo di lavoro di per sé e in relazione alla sua precedente attività di critica letteraria ... (incomprensibile). (02:13)

(RF): Beh, in effetti, inizialmente, mi sono reso conto che la maggior parte di noi, non sa leggere con attenzione, si fa ingannare dalle immagini, non presta sufficiente attenzione ai testi scritti o a ciò che le viene detto, e, ascoltando qualcuno che afferma di essere un testimone, non discerne tra il vero e il falso. Ecco, quindi, dopo aver praticato la cosa con testi essenzialmente letterari, sono passato a questioni di storia e soprattutto a quello che viene chiamato l’olocausto. Ed ecco il mio metodo: di fronte a un argomento molto vasto, come l’olocausto, cerco il centro e, raggiuntolo, cerco il centro del centro. Nel caso dell’olocausto, quindi, se voglio davvero sapere se c’è stata da parte della Germania nazista l’intenzione di sterminare fisicamente gli ebrei d’Europa, vado a quello che chiamo il centro: Auschwitz, il campo di Auschwitz. E lì, in quel campo dove c’erano i forni crematori, fatto di per sé in cui non c’è nulla di criminale, c’erano camere a gas per l’esecuzione di esseri umani? Le dò, se permette, le dò la mia conclusione e poi le dico come vi sono arrivato. (04:03)

(IN): Buona idea.

(RF): Ecco, la mia conclusione quindi è questa: non c’è mai stata una politica di sterminio fisico degli ebrei. Gli ebrei hanno sofferto molto; alcuni di loro, gli ebrei europei, sono stati messi nei campi di concentramento, ed è vero che molti sono morti, ma è vero anche che molti sono sopravvissuti. Ma c’era, in questi campi, quella straordinaria arma di distruzione di massa che erano le camere a gas? Ecco dunque come ho proceduto; non proprio come un professore, ma piuttosto come un poliziotto o un agente di polizia in un’indagine su un crimine. (05:00) Dicendo infatti: “I tedeschi hanno utilizzato le camere a gas” si fa un’accusa terribile; la mia domanda è: “Dove sono le prove? E non voglio prove false, voglio prove concrete, degne di un’indagine condotta dalla polizia con perizie forensi o dalla polizia scientifica.” Poi mi reco sul posto. È d’accordo? Mi segue?

(IN): La seguo perfettamente.

(RF): Ecco, dunque vado sul posto; vado ad Auschwitz o a Majdanek o a Dachau o a Struthof, o in altri campi, e là dico molto semplicemente: “Mostratemi quella che viene chiamata una camera a gas. E scopro, ho scoperto, durante questa indagine, che non sono assolutamente in grado di mostrarmi quest’arma del delitto. Così a volte mi viene detto: “Oh, ciò non sorprende perché i tedeschi, si capisce, hanno distrutto tutto.” A quel punto rispondo: “Ammettiamolo che sia così; si badi che si tratta di una seconda accusa, ovvero la distruzione dell’arma del delitto. Mostratemi per cortesia un disegno tecnico che spieghi che cos’era una camera a gas.” Continuo? Ecco.

(IN): Vorrei che chiarisse una cosa. In che anno ha fatto questa indagine?

(RF): Ho iniziato a interessarmene negli anni 1960. E posso dire che a partire dal 1974 ho quasi consacrato la mia vita interamente a ciò che viene chiamato l’olocausto e che la cosa certamente mi è valsa notevoli problemi. (06:54)

(IN): Vuole dire che fino agli anni 1960, nessuna indagine di polizia e della polizia scientifica è stata fatta su questo crimine orribile per cui i nazisti non solo sono stati accusati, ma per cui sono stati condannati.

(RF): Sì.

(IN): La distruzione del mondo giudaico europeo e la distruzione fisica di 6 milioni di ebrei, queste accuse sono state formulate e confermate senza che fosse condotta un’indagine di polizia?

(RF): La mia risposta la sorprenderà. Non ci fu negli anni 1960, anzi fino al 74, nessuna vera perizia se non in un campo, quello di Struthof, in Alsazia, dove si è concluso che ciò che veniva chiamata “camera a gas” non era tale.

(IN): Sì. (07:53)

(RF): Bene. Ma da allora, dal 1960-1974, nulla più, fino a oggi, nel 2007. La Germania è accusata di crimini enormi; ora dico: “Voglio credervi, ma esibitemi una perizia criminale.” Quando mi si dice: “Qui, ad Auschwitz, si può visitare una camera a gas.” Dico: “Aspettate! Vedo una struttura inoffensiva e vedo anche l’impossibilità che si tratti di una camera a gas; poco importa però: esibitemi ciò che al riguardo qualsiasi funzionario della polizia anticrimine presenterebbe [come prova].”

(IN): Potrebbe per cortesia descrivermi il modo in cui procede?

(RF): Sì.

(IN): Credo che si sia lontani dalle storie che circolano sugli stermini che sarebbero avvenuti nelle camere a gas. Mi spieghi quindi che cosa ha fatto al suo arrivo ad Auschwitz, per esempio, ad Auschwitz.

(RF): È stato uno dei punti da cui sono partito. Quando ho detto: “Mostrami una camera a gas”, non sono stati in grado di farlo. Quando ho detto: “Mostrami una perizia,” non sono stati in grado di farlo. Quando ho detto “Portami le prove,” mi hanno portato, in sostanza, una confessione fatta da uno dei tre comandanti che si sono succeduti ad Auschwitz, Rudolf Höss, da non confondersi con Rudolf Hess. Quello che hanno, in effetti, è una confessione. Allora, prima di tutto, una confessione non è una prova; è una sorta di testimonianza; di bassa lega, oltretutto, perché si tratta della confessione di un crimine resa da uno sconfitto al vincitore. Ecco quindi la sua storia. Cercherò di riassumere. Höss ha detto che c’era, per esempio, in un certo posto nel campo, una camera a gas di grandi dimensioni dove potevano starci 1000, 2000, 3000 ebrei e ce ne sarebbero potuti stare 4000. E poi da 4 aperture del tetto venivano versati quelli che vengono chiamati granuli di Zyklon B; si tratta di acido cianidrico. Coloro i quali si trovavano all’interno iniziava poi a urlare; quando cessavano le grida, si capiva che erano morti. A quel punto, quella che si chiamava squadra speciale, composta da ebrei, sonderkommando, metteva in moto un apparecchio per la ventilazione ed entrava immediatamente. In modo negligente, fumando o mangiando, venivano presi i cadaveri, trascinati via per poi essere portali ai crematori dove venivano inceneriti.

Parte 2

(RF): È impossibile! È una storia assurda.

(IN): Può spiegare perché dovrebbe trattarsi di una storia assurda?

(RF): È assurdo perché lo Zyklon B, inventato agli inizi del 1920, prodotto e in circolazione tuttora sotto un altro nome, e usato per uccidere i parassiti, è fondamentalmente una sostanza estremamente violenta chiamata gas cianidrico.

(IN): Sì, l’acido cianidrico.

(RF): L’acido cianidrico, il quale ha una caratteristica peculiare, ovvero aderisce fortemente alle superfici, penetrandole. È estremamente difficile da rimuovere; penetra anche nella vernice, nel legno, nei mattoni e, evidentemente, nel corpo umano. (00:58)

(IN): In tutte le superfici porose.

(RF): E poi, soprattutto se la superficie è viva, si forma una miscela che vi rimarrà. Pertanto, quando mi si viene a dire che si poteva entrare fumando e mangiando, significa allora, innanzitutto, che non venivano nemmeno indossate le maschere antigas; poi che si fumava sebbene l’acido cianidrico sia esplosivo; e infine, cosa impossibile, che venivano toccati i cadaveri di persone che erano state uccise dall’acido cianidrico.

(IN): Lei dunque dice che si muore a causa dell’acido cianidrico, ma che questo non cessa la sua azione letale dopo aver ucciso qualcuno.

(RF): Ecco! Le persone muoiono ma il gas non cessa di agire. //

(IN): (contemporaneamente) Continua a uccidere // e per quanto tempo continua a uccidere?

(RF): Ebbene, per far evacuare tale gas da un locale ci vogliono più ore, fino a 24, ma in genere 21 ore. Secondo la normativa ci vogliono 21 ore, ma si tratta di una normativa, che però riguarda il caso di materia morta; se si tratta però di cadaveri, vale a dire di materia viva, allora si tratta di qualcosa di estremamente difficile. E come facciamo a saperlo? Ebbene, lo sappiamo, molto semplicemente, grazie a quelle che si chiamano le camere a gas americane. In alcune carceri degli Stati Uniti i prigionieri vengono giustiziati con l’acido cianidrico. E lì si vede che quelle che sono chiamate camere a gas sono qualcosa di terribilmente complicato.

(IN): Ha visitato una camera a gas americana? (02:50)

(RF): Sì, per necessità legate alla mia indagine, sono andato a visitare una camera a gas a Baltimora, nel Maryland. Ed anzi, vede, ho proprio qui le fotografie.

(IN): Potrebbe mostrarcele?

(RF): Posso mostrarvele, sì. Le fotografie non sono proprio di buona qualità, ma qui, per esempio, c’è quella della porta di una camera a gas.

(IN): Potrebbe descriverla per cortesia?

(RF): (cani che abbaiano per un po’ in sottofondo) Sì! Allora, ci sono altre fotografie. Forse potremmo interrompere per po’, che ne dice? (03:31)

(IN): (dopo la pausa) Potrebbe descrivermi ciò che ha visto nelle camere a gas americane?

(RF): Sì. Allora, negli Stati Uniti una camera a gas per giustiziare un solo prigioniero, già negli anni 1920, 1930, 1940, è un locale in acciaio spesso con finestre spesse. Ciò che è molto difficile però non è tanto uccidere il condannato, quanto la fase successiva all’esecuzione: entrare nella camera a gas e rimuovere il cadavere. Deve esserci quindi, per esempio, questo tipo di porta per essere sicuri che sia assolutamente a tenuta stagna. Perché se mai fuoriuscisse l’acido cianidrico, tutti coloro che si trovano nelle vicinanze rischierebbero di rimanere uccisi. Viene generata allora una depressione all’interno della camera in modo che il gas vi rimanga intrappolato. Non appena il condannato muore, vengono avviati i ventilatori orientabili. L’acido cianidrico viene espulso verso l’alto. Potrei magari mostrarglielo? Sì, vede? Qui. C’è un sistema di aspirazione; tutto questo poi viene diretto verso ciò che si chiama un gorgogliatore, o un miscelatore, dove viene neutralizzato. Ciò che ne risulta viene incanalato in un camino della prigione molto alto. E quel giorno, le guardie non sono autorizzati a camminare nelle zone alte. Questo dimostra quanto sia pericoloso. E dopo una lunga attesa, il medico, con due assistenti, tutti muniti di maschera antigas, guanti di caucciù, grembiule di gomma, stivali, ecc entrano nella stanza e, con grande cura, lavano il corpo in tutte le sue aperture naturali, che, ciò nonostante, rimane ancora pericolose. Lì quindi, si vede come si uccide qualcuno con l’acido cianidrico. D’altra parte, noterete nel seguito il contrasto quando presenterò ciò che ad Auschwitz hanno il coraggio di chiamare una camera a gas. E noterà che questa fotografia, benché scadente, mostri una porta perfettamente normale. C’è un’altra porta che è ancora una semplice porta di legno con una vetrata, che per altro si apre verso l’interno, dove ci sarebbero stati i cadaveri. In breve, ci sono grosse difficoltà. (06:52)

(IN): Non si tratta di una difficoltà, ma di una impossibilità.

(RF): Ecco! Questa è la parola esatta. Dichiaro che si tratta di una impossibilità.

(IN): Potrebbe spiegarci come ha dichiarato pubblicamente che si tratta di un’impossibilità e che conseguenze ne sono risultate per la sua persona?

(RF): Ecco, in effetti, quando sono giunto alla conclusione che non era possibile dimostrare l’esistenza, né spiegare il funzionamento di questa arma straordinaria, e quando infine ho scoperto che era tecnicamente impossibile, allora nel 1978 sono riuscito a pubblicare su un giornale molto conosciuto in Francia, Le Monde, un articolo in cui dicevo “Guardate, è impossibile o, se è possibile, spiegatemi come.” Penso di aver aspettato sei settimane; dopo 6 settimane, ho letto nel giornale Le Monde il seguente titolo: “Dichiarazione di alcuni storici” [Une déclaration d’historiens].

(IN): Storici? Lei ha compiuto un’indagine di tipo poliziesco e ha ricevuto una risposta da alcuni storici?

(RF): Esatto. Ho avuto una risposta da 34 storici. Ed ecco che cosa mi hanno detto quegli storici. Ascoltate con attenzione perché è qualcosa di straordinario, un esempio straordinario di stupidità accademica. Ecco cosa mi hanno detto: “Non bisogna chiedersi come è stato possibile tecnicamente un tale assassinio di massa; è stato possibile perché è accaduto,” che, detto in parole povere, vuole dire: “Signor Faurrison, non siamo capaci di rispondere alla sua domanda. STIA ZITTO!”. A oggi, che credo sia il 18 marzo 2007, non ho ancora ricevuto una risposta. Invece ...

(IN): Invece, cosa è successo?

(RF): Ebbene, invece, prima mi è stata rovinata la carriera, poi ho subito ripetute aggressioni fisiche, e infine sono stato bersaglio di un’abbondanza straordinaria di cause legali.

(IN): Processi in base a cosa?

(RF): Allora, in base a quanto segue; mi hanno detto, “Oh! Dire cose del genere è da antisemita, da razzista.” E ho risposto: “Mi scusi, ma se mi dico: “Vedete quel bicchiere lì? Non può contenere un litro di acqua. E se ci sono mille testimoni che dicono: “Oh sì! L’abbiamo visto contenere un litro d’acqua,” io dico che ci sono mille testimonianze false.” Ebbene, in un primo momento mi hanno perseguitato dicendo che ero un razzista crudele, un anti-ebreo cattivo, e così via. E poi c’è stato un evento giudiziario abbastanza straordinario. Ecco, nel 1983, improvvisamente, un giudice d’appello ha deciso che il mio lavoro su questo tema era così serio che tutti avrebbero dovuto avere il diritto di asserire che le camere a gas non sono esistite. Le dò la data di questa decisione ...

Parte 3

(RF): ... di un tribunale di Parigi. Era il 26 Aprile 1983. Devo dire che sono stato condannato comunque. Certo! Perché è un tabù. Non si può assolvere qualcuno che dice una cosa simile e così mi è stato detto: “Oh, il suo lavoro è molto serio; lei però è pericoloso e poi non ha nessun rispetto per la sofferenza delle persone.” Ebbene questa decisione della Corte d’Appello ha così avuto una conseguenza.

(IN): Dal 1983.

(RF): E questa conseguenza si è manifestata nel 1990. Le organizzazioni ebraiche - dobbiamo chiamarle per quello che sono - hanno detto: “Non possiamo fidarci di quel magistrato francese. C’è il rischio che un giorno Faurisson possa essere assolto completamente; si è appena pronunciato asserendo il diritto di dire che le camere a gas non sono mai esistite.” Queste organizzazioni pertanto hanno detto: “C’è bisogno di una legge speciale.” Hanno combattuto molto e poi hanno finito per ottenerla. (01:17)

(IN): E che cosa dice questa legge?

(RF): Allora, questa legge del 1990 recita: “Chiunque nega i crimini contro l’umanità, come definiti e puniti dal tribunale di Norimberga nel 1945-46, è passibile di una pena da 1 mese fino a un anno di reclusione, una multa di 45.000 euro, e molte altre sanzioni.” E da allora sono stato condannato più volte nel nome di questa legge che nota come legge Gayssot.

(IN): Perché è chiamata Gayssot?

(RF): Prende il nome da un deputato comunista che ha chiesto che venisse introdotta; alle sue spalle però c’era Laurent Fabius, un deputato, socialista ed ebreo, molto importante.

(IN): E che è stato primo ministro.

(RF): Che è stato primo ministro. E dobbiamo anche dire che ora un po’ ovunque in Europa, ci sono leggi che dicono che “è severamente vietato.” C’è un paese europeo che è rimasto ancora libero; è quello in cui mi trovo ora mentre le parlo: l’Italia, ancora. (02:53)

(IN): Dopo 30 anni di attività pubblica in questo campo, oltre 15 anni di esistenza di questa legge Gayssot, le molteplici condanne di cui ha parlato, potrebbe, per finire, dirci a che punto sono arrivate le sue riflessioni sulla Seconda Guerra Mondiale?

(RF): Qui, in effetti, le ho parlato solo di un aspetto, un aspetto essenziale. Si tratta di quella che sarebbe stata una straordinaria arma di distruzione di massa, come nel caso di Saddam Hussein; vero? Sembrava che ce fossero prove, parecchie e concrete; ci sono state mostrate immagini e fotografie; e siamo stati ingannati.

(IN): Afferma quindi che l’arma di distruzione di massa di Saddam Hussein è tanto reale quanto lo era quella di Adolf Hitler? O viceversa.

(RF): Sì! Di Adolf Hitler, o viceversa; allo stesso modo. Ci sono però molti altri aspetti dell’olocausto. Dunque, per esempio, ciò implica che Hitler non ha mai ordinato l’uccisione degli ebrei? Ebbene, ho studiato allo stesso modo, tale questione e la mia conclusione è che Hitler voleva che gli ebrei lasciassero l’Europa ed era alla ricerca di ciò che i tedeschi chiamavano “una soluzione finale “territoriale” della questione ebraica”; l’aggettivo “territoriale” però non l’ho mai sentito. (04:26)

(IN): Che vuol dire?

(RF): Quello che dico. E che i tedeschi, che intende con ciò ...

(IN): No, voglio dire, che cosa sentiva? Non ha mai sentito la parola “territoriale”?

(RF): La parola “territoriale.”

(IN): Al suo posto cosa sente invece?

(RF): Beh, voglio dire semplicemente: “la soluzione finale della questione ebraica.” Tale formulazione fa pensare allo sterminio fisico degli ebrei, o almeno questo è quello che cercano di farci credere; se si ripristina però la parola “territoriale” si vede bene che l’intenzione tedesca era quella di trovare, finita la guerra, dato che i tedeschi stavano combattendo una guerra, era quella di trovare un territorio in cui gli ebrei potessero insediarsi. I tedeschi però erano stati espliciti al proposito e non volevano che quella terra fosse la Palestina, tanto che, prima della guerra e durante, continuavano a dire agli Alleati: “Trovate gli ebrei meravigliosi? Prendeteveli! Ma a una condizione: gli ebrei che vi libereremo,” e ce ne sono stati di ebrei liberati dai tedeschi, “dovranno rimanere in Inghilterra. Sia vietato loro di andare in Palestina; questo per rispetto a un popolo, nobile e valoroso, quale quello arabo, che ha già sofferto abbastanza. E concludo velocemente su ad altri aspetti e dico questo: non c’era intento criminale; quello che Hitler voleva era neutralizzare gli ebrei, provare quindi a trovare per loro un territorio che sarebbe potuto essere il Madagascar, l’Uganda, o una zona della Russia, ecc. E Hitler non autorizzò nemmeno che venisse giustiziato un solo ebreo perché lui stesso era ebreo. Ciò detto, devo essere chiaro su questo punto: gli ebrei hanno sofferto molto, così come i comunisti hanno sofferto molto dall’inizio del conflitto combattendo …

Parte 4

(RF): (00:10) ... contro il Terzo Reich, ma anche i tedeschi hanno sofferto. Ho una formula per tutte le guerre, che vale quel che vale. Quello che dico, su cui si dovrebbe riflettere un po’, è: “Tutte le guerre sono un lavoro di macelleria; il vincitore è un buon macellaio, il perdente è un cattivo macellaio e, alla fine di una guerra, un vincitore può dare al vinto lezioni in macelleria, non di diritto, giustizia e virtù.” Che cosa facciamo tuttavia dal 1945? Non la smettiamo di dare lezioni di diritto, giustizia e virtù al vinto; aggiungo però questo: non sto prendendo le difese della Germania. Durante la guerra, da bambino, ero fortemente contrario ai tedeschi. È necessario rendersi conto che dicendo: “Hitler voleva uccidere gli ebrei, motivo per cui ha fatto costruire un’arma speciale che ha provocato la morte di 6 milioni di ebrei” si parla di una cifra che è completamente folle! Si tratta dell’equivalente della popolazione della Svizzera. Bisogna rendersi conto che dicendo qualcosa del genere senza prove, beh, si accusano il popolo tedesco, Adolf Hitler, Himmler, Goebbels, Göring, d’accordo, ma vengono accusati anche, e questo è ciò che fanno le organizzazioni ebraiche: le nazioni alleate alla Germania, quelle neutrali, come la Svizzera, e Papa Pio XII al quale si rimprovera: “Oh, il Papa, ma non ha fatto nulla per contrastare la cosa!” Papa Pio XII si è dispiaciuto per gli ebrei, ha cercato di aiutarli, ma non ha mai dichiarato: “Sapete, stanno per massacrarli sistematicamente!”. Il Papa allora appare come un complice, o, ancora meglio, andate a visitare i musei ebraici e vedrete che sono accusati anche Roosevelt, a cui viene detto: “Vergogna! Non hai fatto bombardare Auschwitz,” Churchill, De Gaulle, Stalin, la Croce Rossa, e il mondo intero. Se ne renda conto. (02:40)

(IN): Accusano anche il popolo palestinese?

(RF): Mi scusi?

(IN): Accusano anche il popolo palestinese?

(RF): Beh, non possono, a rigore, accusare il popolo palestinese, ma in Palestina possono dire: “Abbiamo sofferto tanto; siamo passati per sofferenze tanto straordinarie che abbiamo diritti speciali. Vogliamo questa terra e non potete rifiutarvi di darcela perché abbiamo sofferto veramente tanto.”

(IN): Il popolo palestinese deve soffrire per la redenzione dei peccato del popolo giudeo?

(RF): No! Non per i peccati del popolo ebraico, no! Per le sofferenze ...

(IN): Le sofferenze? Certamente. (03:29)

(RF): ... Sì! Ecco! Le sofferenze del popolo ebraico, che sembrano essere state provocate dai peccati degli europei, dagli americani, ecc, che però non sono stati commessi. Vorrei quindi che sia ben chiaro un punto: non faccio politica, sono veramente apolitico, e, in particolare, non sto prendendo le difese dello sconfitto. Dico semplicemente: “Quando si accusa, bisogna sempre fornire le prove e quando si accusa quasi tutto il mondo, bisogna fornire prove numerose e solide. Eppure, in questo caso, le prove non sono né numerose né solide.” Sono ciò che viene denotato in modo preciso dalla parola “calunnia.” Cerchi quindi di capire i propositi dei miei tanti libri, così come quelli di tutti i revisionisti, visto che la letteratura revisionista è considerevole, e va consultata, specialmente su internet, perché il nostro è un movimento generale di protesta contro una calunnia immensa, contro un’ingiustizia. Non mi si venga a chiedere di stare zitto: questo non è possibile.

(IN): Professor Faurisson, la ringrazio per avermi dedicato questa mezz’ora.

(RF): Prego.

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