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La guerra per il petrolio e il gas naturale del mar Caspio di Christopher Bollyn 14 ottobre 2001 [l’originale è qui ]La “crociata” del presidente George W. Bush contro i talebani in Afghanistan ha più a che fare con il controllo del petrolio e delle immense risorse di gas naturale del mar Caspio che con lo sradicamento del terrorismo. |
Ancora una volta un presidente statunitense della
famiglia
Bush sta portando gli USA lungo un sentiero di guerra in Medio
Oriente ricco di petrolio, contro i nemici della
libertà e
della democrazia.
Il presidente George W. Bush, la cui famiglia è ben connessa alle compagnie petrolifere e dell’energia, ha invocato una crociata internazionale contro i terroristi islamici, che, dice, odiano gli statunitensi, semplicemente perché la loro nazione è “il faro più luminoso della libertà.” Il focalizzarsi sul terrorismo basato sulla religione serve a nascondere importanti aspetti del conflitto in Asia Centrale. La nobile retorica del presidente Bush sulla lotta per la giustizia e la democrazia maschera una lotta meno nobile per il controllo delle risorse di petrolio e di gas naturale del mar Caspio per un valore stimato di 5.000 miliardi di dollari. Uno dei risultati materiali della campagna militare Tempesta nel deserto [nel testo, Desert Storm] di Bush padre nel 1991 è stato di garantire l’accesso al grande giacimento petrolifero di Rumaila, nella parte meridionale dell’Iraq, compiuto con l’ampliamento dei confini del Kuwait dopo la guerra. Questo ha permesso al Kuwait, un ex-protettorato britannico, nel quale le compagnie petrolifere statunitensi e britanniche hanno investito molto, di raddoppiare la produzione di petrolio rispetto ai livelli precedenti la guerra. Il complesso minerario di Trepca in Kosovo, una delle più ricche miniere d’Europa, è stato sequestrato lo scorso anno da George Soros e Bernard Kouchner, due membri ebrei della banda del Nuovo Ordine Mondiale [nel testo, New World Order] che ha devastato la Serbia. Sottostante l’aggressione pianificata contro l’Afghanistan, una nazione dell’Asia centrale che occupa una posizione strategica, incuneata tra il Medio Oriente, l’Asia centrale, e il subcontinente indiano, c’è una strategia geopolitica simile, influenzata dagli strateghi sionisti, finalizzata al controllo delle importanti risorse minerarie del mar Caspio. L’Asia Centrale ha enormi quantità di risorse di petrolio non sviluppate e in attesa di essere sfruttate, tra cui circa 6.600 miliardi di metri cubi di gas naturale. Le ex-repubbliche sovietiche dell’Uzbekistan e del Turkmenistan sono i due produttori principali di gas naturale in Asia Centrale. Oggi le uniche rotte già esistenti per l’esportazione passano attraverso la Russia. Coloro che hanno investito nel petrolio e nel gas naturale del Caspio sono interessati alla costruzione di gasdotti alternativi che raggiungano la Turchia, l’Europa e, in particolare, quei mercati in rapida crescita rappresentati dai paesi asiatici. India, Iran, Russia, e Israele stanno lavorando a un piano per la fornitura di petrolio e di gas naturale al sud e al sud-est asiatico attraverso l’India, ma l’instabilità in Afghanistan sta ponendo una grossa minaccia a questo sforzo. L’Afghanistan si trova esattamente tra il Turkmenistan, che ospita la terza riserva più grande al mondo di gas naturale, e quei mercati ricchi del subcontinente indiano che sono la Cina e il Giappone. Una nota d’intesa è stata firmata per la costruzione di un gasdotto di 900 miglia [circa 1.500 chilometri, ndt] dal Turkmenistan al Pakistan passando per l’Afghanistan, ma la guerra civile in corso e l’assenza di un governo stabile in Afghanistan hanno impedito al progetto di andare avanti. Nel XIX secolo l’Afghanistan è stato al centro del cosiddetto Grande gioco quando la Russia imperiale e l’impero britannico in India erano in lotta per imporre la propria influenza su quella zona. Oggi, la sua posizione geografica come una potenziale rotta di transito per gli oleodotti e i gasdotti, rende l’Afghanistan un tassello molto importante nella strategia globale dei magnati dell’energia per ottenere il controllo su queste risorse preziose. Enron, una società nel settore dell’energia e del gas naturale con sede in Texas, Amoco, British Petroleum, Chevron, Exxon, Mobil, e Unocal sono tutte impegnate freneticamente per le estrazioni, per un valore di vari miliardi di dollari, dalle riserve di Azerbaigian, Kazakistan, e Turkmenistan, le tre nuove repubbliche sovietiche indipendenti che si affacciano sul mar Caspio. A nome delle compagnie petrolifere, una schiera di ex-membri del governo dell’amministrazione di Bush padre hanno preso parte attivamente ai negoziati con le ex-repubbliche sovietiche. Tra gli affaristi c’erano James Baker, Brent Scowcroft, Dick Cheney, e John Sununu. Sia il Turkmenistan e che l’Azerbijan sono inoltre strettamente legati a interessi commerciali israeliani e ai servizi segreti militari israeliani. In Turkmenistan, Yosef A. Maiman, un ex-agente dei servizi segreti israeliani e attuale presidente della società israeliana Merhav Group [letteralmente, Gruppo Merhav], è il negoziatore ufficiale e il responsabile delle scelte politiche per lo sviluppo delle risorse energetiche del Turkmenistan. “Ecco il Grande gioco, dappertutto,” ha detto Maiman al Wall Street Journal al riguardo del suo ruolo nella promozione degli “obiettivi geopolitici sia degli Stati Uniti che d’Israele nell’Asia Centrale.” “Stiamo facendo quello che la politica degli Stati Uniti e di Israele non riuscirebbe a compiere,” ha detto, “Avere il controllo della via di trasporto è avere il controllo del prodotto.” “Coloro che controllano le rotte del petrolio in uscita dall’Asia Centrale avranno un impatto su tutte le direzioni future, sulle quantità di flusso, e sulla distribuzione dei ricavi della nuova produzione,” ha dichiarato recentemente James Dorian, esperto di energia, nel Oil & Gas Journal [letteralmente, Rivista sul petrolio e il gas naturale], il 10 settembre 2001. Gli affari esteri in Turkmenistan sono dominati dal gruppo di Maiman Merhav, secondo il The Washington Report on Middle East Affairs [letteralmente, Relazione di Washington sugli affari in Medio Oriente] (WRMEA). Maiman, che ha ricevuto la cittadinanza del Turkmenistan tramite un decreto presidenziale, ricopre i ruoli di negoziatore ufficiale del Turkmenistan per il gasdotto di quella nazione, di ambasciatore speciale, e di braccio destro per l’autoritario presidente Saparmurad Atayevich Niyazov, un ex-membro del Politburo del comitato centrale del partito comunista dell’Unione Sovietica. Il Merhav Group rappresenta ufficialmente il governo turkmeno ed è stato il mediatore per tutti i progetti energetici in Turkmenistan, contratti per un valore di svariati miliardi di dollari. Merhav ha ricevuto l’appalto per la modernizzazione delle infrastrutture del gas naturale e per la costruzione di nuove strutture in una raffineria di petrolio nella città di Turkmenbashi sul mar Caspio. Merhav si rifiuta di rivelare quali siano le sue fonti di finanziamento. In linea con gli interessi politici israeliani, i gasdotti pianificati da Maiman evitano di passare per l’Iran e la Russia. Maiman ha detto che non avrebbe nessuna obiezione a trattare con l’Iran, “quando, e se, la politica israeliana lo permetterà.” L’Iran ha accusato gli Stati Uniti di cercare di evitare che le condutture regionali passassero attraverso l’Iran. La creazione di un contrappeso all’influenza regionale dell’Iran è stata una pietra miliare dell’amministrazione Clinton, preoccupata com’era che l’Iran potesse assumere un controllo eccessivo sulle esportazioni del mar Caspio. “Si tratta di un interesse comune per gli Stati Uniti e Israele,” ha dichiarato il dott. Nimrod Novik, vice presidente di Merhav, “L’interesse primario è quello di prevenire lo sviluppo di una dipendenza strategica turca dall’Iran, data l’unicità delle relazioni strategiche emergenti tra Turchia e Israele.” Russia e Turkmenistan stanno combattendo una battaglia per conquistare il mercato turco del gas naturale; il fornitore che offrirà il prezzo migliore per il suo gas naturale emergerà come il vincitore. “È una grande competizione,” dice Maiman, “Chiunque prende la Turchia per primo vince. Chi arriva secondo avrà anni di magra.” Anche se, nella loro campagna contro l’Afghanistan, gli USA hanno bisogno dell’assistenza russa, quando l’American Free Press (*) ha chiesto ad Alex Chorine della Caspian Investor che tipo di rapporto è esistito tra le imprese russe e occidentali / israeliane del settore energetico che operano nel mar del Caspio, Chorine ha risposto: “Si comportano come nemici.” Uno dei gasdotti proposti da Maiman avrebbe portato il gas naturale del Turkmenistan e il petrolio alla Turchia passando per l’Azerbaigian e la Georgia. Il Merhav Group di Maiman è anche coinvolto in un progetto da 100 milioni di dollari che dovrebbe ridurre il flusso d’acqua verso l’Iraq, deviando l’acqua dai fiumi Tigri ed Eufrate a sud-est della Turchia. I funzionari israeliani vantano di avere ottimi rapporti con l’Azerbaijan, in cui una società israeliana, la Magal Security Systems, ha un contratto per le forniture di sicurezza all’aeroporto di Baku. La Magal Security Systems è una delle numerose compagnie israeliane che trasformeranno Israele in uno dei principali attori in Azerbaigian, assicurando la sicurezza dell’oleodotto lungo 1.200 miglia [circa 1.900 chilometri, ndt] che porta il petrolio dal mar Caspio al porto turco di Ceyhan sul mar Mediterraneo. La Enron, il più grande contributore per la campagna elettorale di Bush del 2000, ha condotto uno studio di fattibilità per un gasdotto trans-caspico del costo di 2,5 miliardi dollari, che si sta costruendo nel quadro di un accordo di collaborazione commerciale firmato nel febbraio 1999 tra il Turkmenistan e due società americane, la Bechtel e General Electric Capital Services. Maiman, che ha agito come intermediario tra le imprese turkmeni e quelle statunitensi, rifiuta di rivelare quanto prenderà come compenso e se riceverà una quota del gasdotto. Il Merhav Group ha incaricato una società di pressione [nel testo, lobbying] di Washington, la Cassidy & Associates, e ha speso diversi milioni di dollari per spronare alcuni funzionari statunitensi a fare pressione in favore del gasdotto trans-caspico. Durante l’amministrazione Clinton, Bill Richardson, segretario all’Energia, e Richard Morningstar, consigliere speciale del presidente, hanno promosso l’oleodotto Baku-Ceyhan definendolo “fondamentale per la sopravvivenza economica del Turkmenistan.” I rapporti tra Israele, Turchia, e Stati Uniti sono il fattore principale per la scelta della via Baku-Ceyhan, che potrebbe essere estesa per portare il petrolio direttamente in Israele, nazione carente di energia; gli esperti di energia tuttavia hanno dubbi sulla saggezza e sul costo della scelta di questa tratta. Le aziende sono sotto pressione da parte degli Stati Uniti e d’Israele perché investano nella conduttura est-ovest, anche se la maggior parte di esse preferirebbe le condutture più economiche nord-sud che attraversano l’Iran, secondo il Washington Report on Middle East Affairs. L’azienda statunitense Unocal stava conducendo il progetto di un gasdotto per portare l’abbondante gas naturale del Turkmenistan attraverso l’Afghanistan verso i mercati in espansione del Pakistan e dell’India, fino a quando nel 1998 le instabilità in Afghanistan l’hanno portata ad abbandonare il progetto. Il gasdotto in fase di progetto avrebbe dovuto portare il gas naturale dai giacimenti turkmeni di Dauletabad, tra i più grandi al mondo, a Multan in Pakistan, e, con un’estensione prevista, all’India. Secondo i piani, la conduttura da Dauletabad attraverso l’Afghanistan avrebbe dovuto trasportare 15 miliardi di piedi cubi [circa 400 milioni di metri cubi, ndt] di gas naturale all’anno per 30 anni. Questo gasdotto è sospeso fino a quando la situazione politica e militare in Afghanistan non migliorerà. C’è un secondo progetto della Unocal, il Central Asian Oil Pipeline
Project [letteralmente, Progetto di oleodotto dell’Asia
Centrale],
per costruire
un oleodotto della lunghezza di 1.030 miglia [circa 1.700
chilometri,
ndt] che partirebbe da Chardzhou in Turkmenistan, collegando
gli oleodotti russi del giacimento di petrolio della Siberia alla costa
del
Pakistan sul mar Arabico. Questa conduttura potrebbe trasportare 1
milione di
barili al
giorno di petrolio proveniente da altre zone dell’ex-Unione Sovietica.
Funzionerebbe simultaneamente alla conduttura per il trasporto di
gas naturale che attraversa
l’Afghanistan e si dirama in Pakistan verso il terminale dell’Oceano
Indiano
a Ras Malan. (*) Questo articolo è stato scritto quando Christopher Bollyn lavorava per l’American Free Press, prima che si rendesse conto che si trattava di un giornale manovrato dagli ebrei criminali. I DITTATORI SOVIETICI DI ISRAELE IN ASIA CENTRALE Niyazov, l’autoritario presidente della repubblica socialista sovietica turkmena è stato eletto nel 1990 ed è rimasto al potere quando il Turkmenistan ha dichiarato la propria indipendenza nel mese dell’ottobre 1991. Nel maggio del 1992, Niyazov ha supervisionato il passaggio di una nuova costituzione che assegna poteri straordinari al presidente. Sotto la nuova costituzione, il presidente è il capo del governo, nonché il capo dello stato; può inoltre nominare un primo ministro in qualsiasi momento. Il presidente può anche nominare e rimuovere tutti i giudici. La conduzione di Niyazov è diventata sempre più autoritaria durante il 1990. Nel settembre 1993 ha difeso la sua politica di stretta censura della stampa come un prerequisito per la stabilità e la pace nella nazione. In un referendum tenutosi nel gennaio 1994, quasi il 100 per cento dei votanti ha approvato la conduzione di Niyazov, il che gli ha permesso di prolungare la presidenza fino al 2002. Niyazov si è fatto soprannominare Turkmenbashi (padre dei turkmeni) e si presenta come un profeta e un messia. Tutte le mattine la radio e la televisione (non esistono emittenti indipendenti) trasmettono le parole di una preghiera che include un giuramento di fedeltà al presidente insieme al tradizionale appello ad Allah. Come il Turkmenistan, le altre nazioni dell’Asia Centrale, e precisamente Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan, e Tagikistan, sono tutte governate da ex-comunisti che sono andati al potere sotto il regime sovietico. Tutti e cinque sono stati rieletti alla loro carica senza opposizione, ottenendo oltre il 90 per cento dei voti e garantendosi una vita agiata nei palazzi nazionali. In ciascuno dei paesi dell’Asia Centrale, è apparsa una dicotomia, strana e imposta ufficialmente, tra l’Islam “ufficiale” e quello “non ufficiale.” L’Islam ufficiale si riferisce a istituzioni religiose sotto il controllo delle autorità statali, mentre quello non ufficiale comprende tutti gli altri musulmani, soprattutto quelli che credono che l’Islam non possa essere controllato dal potere statale; questi ultimi sono accusati di essere estremisti. La forza dei movimenti fondamentalisti islamici, come i talebani in Afghanistan e i ribelli ceceni anti-russi, minaccia le dittature stile sovietico e il loro controllo di immense ricchezze minerarie della regione. LA FOCALIZZAZIONE SULL’AFGHANISTAN Prima che il sole tramontasse sul giorno apocalittico che ha visto crollate le brillanti torri gemelle di New York, il governo statunitense aveva già deciso di addossare la colpa per gli attacchi kamikaze contro il World Trade Center e il Pentagono a Osama bin Laden, il capo della guerriglia nato in Arabia Saudita, e al governo talebano dell’Afghanistan che lo ospitava. Sebbene il governo statunitense non abbia presentato prove a sostegno della sua causa contro bin Laden, il 23 settembre il segretario di Stato Colin Powell ha detto: “Credo che nel prossimo futuro, saremo in grado di pubblicare un articolo, un documento, che descriverà molto chiaramente le prove che lo [Osama bin Laden] legano all’attacco [dell’11 settembre].” Quando è stato riportato che i talebani avrebbero consegnato bin Laden per evitare di affrontare la giustizia, l’amministrazione Bush ha detto che la resa di bin Laden non avrebbe impedito un attacco in Afghanistan guidato dagli USA. Un piano internazionale per eliminare i fondamentalisti islamici talebani al potere è stato oggetto di discussioni diplomatiche internazionali per mesi ed è stato, secondo quanto riportato, sollevato dall’India durante il G8 tenutosi a luglio a Genova, in Italia. Nel giugno del 2001 la stampa indiana ha riportato che “l’India e l’Iran faciliteranno i piani degli Stati Uniti e della Russia per un’azione militare limitata contro i talebani se le nuove dure sanzioni economiche contemplate non piegheranno il regime fondamentalista dell’Afghanistan.” I piani dell’invasione descritti dalla stampa indiana a giugno potrebbero concretizzarsi nel mese di ottobre: il Tagikistan e l’Uzbekistan condurrebbero l’attacco di terra con un notevole di sostegno militare da parte degli Stati Uniti e della Russia. Verrebbero presi di mira postazioni talebane vitali e gli obbiettivi di valenza militare. Vengono spiegate le ragioni economiche per l’assalto multi-nazionale contro i talebani: Uzbekistan, Tagikistan, Kazakistan, e Turkmenistan sono minacciati dai talebani, che, portando al potere i fondamentalisti islamici, mirano a ottenere il controllo delle vaste riserve di petrolio, gas, e di altre risorse di quelle nazioni. Ciò che la stampa indiana non spiega è come queste quattro nazioni dell’Asia Centrale a maggioranza islamica sarebbero minacciate dall’avvento al potere dei fondamentalisti islamici. Nel dicembre 2006 Bollyn ha scritto il seguente aggiornamento su questo argomento: La morte improvvisa di Niyazov |
Importante:
Christopher Bollyn e famiglia sono MIA (*) La mia risposta è qui Nota: non so che fine facciano i soldi che donate a Bollyn, sia direttamente, che acquistando il suo libro! Christopher scriveva articoli gratis, finanziandosi con la vendita del suo libro per bambini ABC book e con le donazioni. Il suo bellissimo ABC book è descritto qui . Fate circolare i collegamenti telematici ai suoi articoli e cercate di trovare più persone che si uniscano a noi nella nostra lotta per esporre la corruzione. Non permettere “loro” di eliminarci tutti! Mostrate che tutto ciò vi importa! (*) MIA, ovvero “Missing in Action,” si traduce in “disperso in un’azione di guerra.” |