|
|
di Christopher Bollyn 31 luglio 2004 [l’originale è qui ]
Vanunu ha trascorso 18 anni in una prigione israeliana — 11 e mezzo dei quali in isolamento — per avere fornito prove dell’esistenza dell’arsenale israeliano a un giornale britannico nel 1986. “Ho agito per conto di tutti i cittadini e di tutta l’umanità,” ha detto Vanunu. Nell’ottobre Vanunu, un tecnico nucleare che ha lavorato per 20 anni all’impianto nucleare a Dimona nel deserto del Negev, si recò a Londra per consegnare al giornale The Sunday Times prove fotografiche del fatto che Israele stava sviluppando segretamente armi nucleari. Due mesi prima si era convertito al cristianesimo durante un viaggio in Australia. L’impianto nucleare a Dimona
Vanunu ha fornito prove, descrivendo come Israele abbia costruito un arsenale di oltre 200 tra bombe nucleari e bombe ai neutroni. Addirittura prima che la storia del The Times fosse pubblicata, comunque, Vanunu fu attirato a Roma e rapito da agenti del servizio segreto israeliano. Ne seguì un processo segreto e Vanunu fu imprigionato in una cella minuscola senza finestre per oltre un decennio. Quando Vanunu è stato scarcerato da una prigione israeliana il 21 aprile 2004, le autorità militari israeliane hanno imposto gravi restrizioni alla sua libertà. Gli è stato proibito di lasciare la nazione, è stato confinato in una residenza assegnatagli, e gli è stato negato il diritto di avere contatti con i giornalisti o con qualsiasi straniero. L’organizzazione per i diritti umani Amnesty International ha protestato per le restrizioni imposte a Vanunu dichiarando il 19 aprile 2004: “Vanunu non deve essere soggetto a restrizioni arbitrarie e violazioni dei suoi diritti fondamentali basati su pretesti o sospetti sul cosa potrebbe fare nel futuro.” Secondo Amnesty International, le restrizioni alla libertà di movimento, di parola, e di associazione di Vanunu violano la convenzione internazionale sui diritti civili e politici, che Israele ha ratificato ed è tenuta a rispettare. Mentre i funzionari israeliani sostengono che le restrizioni hanno lo scopo di impedire che Vanunu divulghi informazioni sull’arsenale nucleare di Israele, Amnesty International la pensa diversamente: “La determinazione israeliana a limitare la libertà di Vanunu di avere contatti con il mondo esterno sembra finalizzata a impedirgli di rivelare dettagli sul suo rapimento da parte del servizio segreto israeliano 18 anni fa a Roma in quella che fu chiaramente un’azione illegale,” ha dichiarato Amnesty International. Secondo Jonathan Cook del giornale britannico The Guardian, Meir, il fratello di Vanunu, che vive con lui nella cattedrale di San Giorgio a Gerusalemme Est, dice che c’è un altro motivo per quelle restrizioni e per quel confinamento del dissidente israeliano più famoso: la scarcerazione di Vanunu attira l’attenzione sull’arsenale nucleare Israele nel momento esatto in cui la giustificazione dell’attacco all’Iraq di Saddam Hussein — il suo possesso di armi di distruzione di massa — era stata mostrata essere priva di fondamento. “Vanunu, se fosse libero di parlare, potrebbe ricordare al mondo che la più grande minaccia alla pace in Medio Oriente non proviene da Baghdad, ma da Tel Aviv,” ha scritto Cook. “Si tratta di un messaggio che né gli Stati Uniti, né la Gran Bretagna vogliono sentire proprio ora.” Le stesse reti controllate dei mezzi di comunicazione di massa statunitensi che hanno mandato inviati nelle zone di conflitto in Iraq pubblicando rapporti falsi sulle presunte armi di distruzione di massa di quella nazione, sembrano avere paura ad andare alla cattedrale di San Giorgio a Gerusalemme Est per intervistare Vanunu, il dissidente e pacifista israeliano più famoso, per paura di attraversare una linea tracciata dai militari israeliani. Io, tuttavia, e il giornale in lingua araba di Londra Al Hayat abbiamo intervistato Vanunu recentemente alla cattedrale di San Giorgio a Gerusalemme Est, dove ha chiesto asilo nella chiesa anglicana a breve distanza dal consolato statunitense a Gerusalemme Est.Chi c’era dietro l’assassinio di John F. Kennedy I commenti fatti da Vanunu durante un’intervista alla rivista settimanale Al Wassat dell’Al Hayat pubblicata il 25 luglio 2004, hanno fatto notizia in prima pagina nel mondo ma sono stati completamente ignorati negli Stati Uniti, dove avrebbero potuto provocare un danno politico immenso a Israele. Come titola l’articolo del The Jerusalem Post: “Vanunu: dietro l’assassinio di John F. Kennedy c’era Israele.” L’articolo del giornale russo Pravda del 27 luglio 2004 iniziava così: “Israele potrebbe essere implicata nel più grande crimine dello scorso secolo, che ha avuto luogo a Dallas nel 1963.” I giornale iraniano Tehran Times, scrivendo da Gerusalemme, diceva: “Mordechai Vanunu, una talpa sulle questioni nucleari, in un’accusa sorprendente sostiene che ci fosse Gerusalemme dietro l’assassinio del presidente statunitense John F. Kennedy, il quale esercita una pressione sull’allora capo di stato israeliano perché facesse luce sull’impianto nucleare Dimona.” Articoli simili sono apparsi in vari giornali nel mondo, ma negli Stati Uniti questa notizia esplosiva è stata riportata solamente dalle agenzia di stampa e dai giornali ebraici. I commenti di Vanunu che sostengono che ci sono “indicazioni quasi certe” che Israele era coinvolta nell’assassinio del presidente John F. Kennedy supporta la tesi di Michael Collins Piper [dell’American Free Press, ndt] (*) (**), presentata nel suo libro Final Judgment, secondo cui alcuni agenti israeliani hanno avuto un ruolo chiave in quell’omicidio. Ho chiesto a Vanunu di spiegare i suoi commenti sul coinvolgimento israeliano nell’assassinio del presidente statunitense Kennedy. “Secondo me Kennedy è stato ammazzato a causa della sua forte opposizione al [primo ministro israeliano] Ben Gurion,” ha detto Vanunu. A quel tempo, Ben Gurion stava lavorando alla creazione di un arsenale nucleare per Israele. “Dietro l’assassinio di Kennedy,” ha detto Vanunu, c’era il gruppo coinvolto con Ben Gurion nello sviluppo e nella protezione dell’arsenale nucleare israeliano. Come Piper documenta nel suo libro Final Judgment, l’opposizione di Kennedy a un Israele che diventasse uno stato armato di ordigni nucleari portò a un aumento dell’ostilità tra i due capi fino alle dimissioni di Ben Gurion nel giugno 1963. Kennedy si era reso conto che gli israeliani stavano producendo armi nucleari illegali utilizzando il reattore nucleare che era stato dato a Israele nel 1959 sotto il programma “Atomi per la pace” [nel testo, Atoms for Peace]. Nell’intervista apparsa su Al Wassat, Vanunu ha detto: “Israele possiede tra le 100 e le 200 armi nucleari, incluse una bomba a neutroni e varie bombe all’idrogeno, il cui effetto è 10 volte superiore. Mentre una bomba atomica può uccidere 100.000 persone, una bomba all’idrogeno può ucciderne un milione. “Non sappiamo quale irresponsabile ricoprirà la carica di primo ministro israeliano e deciderà di usare le armi nucleari nella lotto contro le nazioni arabe circostanti,” Il The Jerusalem Post ha riportato che Vanunu avrebbe detto: “Ciò che è già stato portato alla luce sulle armi in possesso degli israeliani (è che) possono distruggere la regione, uccidendo milioni di persone.”(*) Questo articolo è stato scritto quando Christopher Bollyn lavorava per l’American Free Press, prima che si rendesse conto che si trattava di un giornale manovrato dagli ebrei criminali. (**) In base a sviluppi successivi sembra che anche Michael Collins Piper faccia parte della rete criminale giudaica, ndt. Una “seconda Chernobyl” Vanunu ha messo in guardia anche dai pericoli di inquinamento ambientale dovuti a perdite nucleari nell’impianto antiquato israeliano a Dimona. Un terremoto o un incidente nucleare a Dimona potrebbe risultare nella “perdita di radiazioni nucleari, il che minaccerebbe milioni di persone nelle nazioni circostanti,” ha detto Vanunu. La Giordania, in particolare, è stata menzionata come in pericolo di contaminazione nucleare. “Le ciminiere a Dimona non operano a meno che il vento non soffi in direzione della Giordania,” ha detto Vanunu. Asma Khader, un portavoce del governo giordano, ha risposto prontamente a questa dichiarazione di Vanunu dicendo: “Il regno [di Giordania] non è affetta da radiazioni.” Vanunu critica anche la visita recente in Israele di Mohamed El Baradei, capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’osservatorio dell’ONU per le questioni sul nucleare. “Sono molto deluso dal signor El Baradei poiché mi aspettavo che andasse a ispezionare il reattore a Dimona,” ha detto Vanunu. “Il lavoro del signor Baradei è di andare a vedere se ciò che ho detto ... è vero.” Vanunu mi ha sottolineato quanto forte fosse il suo desiderio di parlare ai mezzi di comunicazione di massa nonostante le restrizioni, e di fornire loro informazioni e il suo punto di vista sulla necessità di avere la pace — e un Medio Oriente privo del nucleare. Alla domanda se i mezzi di comunicazione di massa statunitensi fossero interessati a incontrarlo, Vanunu ha risposto “nemmeno uno” tra i giornali e le televisioni statunitensi e britannici lo ha visitato alla cattedrale di San Giorgio a Gerusalemme Est da quando è stato scarcerato. “Perché mantengono questo silenzio?” mi ha chiesto Vanunu a proposito dei mezzi di comunicazione di massa statunitensi. “Perché la stampa non viene a vedermi? I mezzi di comunicazione di massa dovrebbero portare il mio caso all’attenzione della gente e dei politici. Quello mio è un caso che va sentito.” Linda Rothstein, editrice della rivista, di base a Chicago, Bulletin of Atomic Scientists [letteralmente, Bollettino degli scienziati atomici], tuttavia ha mostrato poco interesse nella storia di Vanunu, dicendo che Vanunu ha i suoi sostenitori e che la sua rivista non è un gruppo di pressione. Similmente, Kay Seok dell’Human Rights Watch [letteralmente, Osservatorio dei diritti umani] [nel seguito, HRW], ha detto che non c’era nulla che potessero fare. “Nessuno all’HRW si occupa di Israele in questo momento,” ha detto.Vuole lasciare Israele Vanunu vuole lasciare disperatamente Israele, dove è considerato un traditore, e cerca asilo politico negli Stati Uniti. Nick e Mary Eoloff di St. Paul, nel Minnesota, hanno adottato formalmente Vanunu e sono pronti a fornirgli un rifugio. La signora Eoloff mi ha detto che in Israele la vita di Vanunu è in pericolo. “Voglio andare all’estero e iniziare a vivere da uomo libero,” ha detto Vanunu dopo che l’alta corte israeliana ha confermato le restrizioni dei militari sui suoi movimento e sulla sua libertà. “Se Israele è una democrazia, dovrebbe permettermi di farlo.” Alla domanda se fosse stato torturato durante i 18 anni di prigionia, Vanunu ha detto: “Certo.” Ha affermato di essere stato soggetto a “torture mentali e psicologiche” che erano “crudeli e barbariche.” Essendosi convertito al cristianesimo ha ricevuto un trattamento peggiore di quello dei prigionieri ebrei, ha detto, aggiungendo di essere stato trattato come un palestinese e che i suoi carcerieri hanno cercato di “distruggerlo.” “Io sono un simbolo della volontà di libertà,” ha detto. “Non è possibile spezzare lo spirito umano.” A una domanda sui suoi sostenitori negli Stati Uniti, Vanunu ha detto: “Ho bisogno del loro supporto per uscire di qui. Gli statunitensi dovrebbero alzare la voce con i loro membri del Congresso chiedendo loro a voce alta di visitarmi e di portare l’attenzione sul mio caso.” “La mia patria non è Israele,” ha detto Vanunu. “Voglio essere libero e lasciare Israele.” “Israele non rispetta i miei diritti umani fondamentali,” ha detto Vanunu. “Mi è negata la libertà di muovermi e di parola — come a tutti i palestinesi. Voglio la pace e la libertà da tutte le armi nucleari nel Medio Oriente.” |
Importante:
Christopher Bollyn e famiglia sono MIA (*) La mia risposta è qui Nota: non so che fine facciano i soldi che donate a Bollyn, sia direttamente, che acquistando il suo libro! Christopher scriveva articoli gratis, finanziandosi con la vendita del suo libro per bambini ABC book e con le donazioni. Il suo bellissimo ABC book è descritto qui . Fate circolare i collegamenti telematici ai suoi articoli e cercate di trovare più persone che si uniscano a noi nella nostra lotta per esporre la corruzione. Non permettere “loro” di eliminarci tutti! Mostrate che tutto ciò vi importa! (*) MIA, ovvero “Missing in Action,” si traduce in “disperso in un’azione di guerra.” |