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Gli “aeroplani fantasmi” del Pentagono e le sparizioni forzate

di Christopher Bollyn

17 gennaio 2005

[l’originale è qui ]


Articoli apparsi nei principali mezzi di comunicazione di massa su un jet misterioso utilizzato per trasportare individui in nazioni terze perché venissero torturati e interrogati hanno ignorato apposta domande di ambito legale sulle “extraordinary rendition” (*).

Recentemente nella stampa statunitense c’è stata una raffica di articoli su un aereo business jet utilizzato da “enti dei servizi segreti statunitensi” per trasportare “sospetti terroristi” sequestrati perché venissero interrogati in nazioni terze che ricorrono alla tortura. I principali mezzi di comunicazione di massa tuttavia omettono in larga misura dettagli essenziali sulle “extraordinary rendition” (*), una pratica iniziata durante l’amministrazione statunitense sotto Bill Clinton, e ignorano apposta le domande di tipo legali da esse sollevate.

Il 14 novembre quotidiano (britannico) The Sunday Times ha scritto a proposito di un misterioso jet, modello Gulfstream 5, dicendo di avere ottenuto i registri di circa 300 voli che mostrano “i movimenti del Gulfstream 5 preso in affitto da agenti del Dipartimento della Difesa statunitense e della CIA.”

Secondo il The Sunday Times, i registri indicano che gli USA hanno utilizzato quell’aeroplano per il trasporto di “prigionieri” sequestrati e portarli in “paesi noti per avere scarso riconoscimento dei diritti umani” nei quali sono stati consegnati alle autorità perché fossero “torturati per procura.”

Negli ultimi due anni, l’aeroplano, che parte “sempre” da Washington, “ha raggiunto 49 destinazioni fuori dagli Stati Uniti, incluse il campo di prigionia di Guantánamo nell’isola di Cuba e altre basi militari statunitensi.” Egitto, Giordania, Iraq, Marocco, Afghanistan, e Uzbekistan sono tra le destinazioni estere del “jet della tortura” con numero di immatricolazione N379P.

Quel Gulfstream 5 ha fatto almeno sette viaggi fino all’Uzbekistan, una dittatura alleata degli Stati Uniti nella “Guerra al terrore,” in cui, scrive il The Sunday Times, la “polizia segreta è nota per i metodi che utilizza negli interrogatori, inclusa la presunta bollitura i prigionieri.”

“Mi sono imbattuto in molti casi di stupro di fronte ai familiari della persona da cui volevano estrarre informazioni,” ha detto di recente a una televisione svedese Craig Murray, l’ex-ambasciatore britannico in Uzbekistan. “Sono in possesso di fotografie dell’autopsia dei cadaveri,” ha affermato Murray. “Mostrano che la persona era stata bollire fino a essere stata ammazzata.”

Murray ha detto che alcuni agenti statunitensi avevano mandato certi “sospetti terroristi” dall’Afghanistan all’Uzbekistan perché fossero interrogati ricorrendo alla tortura. Recentemente Murray è stato rimosso dalla sua posizione dopo avere inviato una relazione al ministro degli esteri britannico Jack Straw [ebreo, ndt], nella quale riportava che il capo della stazione della CIA a Tashkent [la capitale dell’Uzbekistan, ndt] “prontamente ha riconosciuto che la tortura fosse stata impiegata per ottenere informazioni utili ai servizi segreti.”

Di recente, il The Washington Post, il Boston Globe, e il Chicago Tribune hanno riportato tutti e tre la notizia del jet della tortura, ma si sono focalizzati sulle false compagnie presso le quali era immatricolato quell’aereo, invece che sui crimini gravi per i quali è utilizzato.

(*) Le extraordinary rendition sono azioni sostanzialmente illegali di cattura, deportazione, e detenzione, clandestine eseguite nei confronti di elementi ostili, sospettati di essere terroristi, ndt.


LA CONNESSIONE SVEDESE

Molte informazioni sui “voli della tortura” provengono dal giornalista svedese Fredrik Laurin, produttore di un programma televisivo in quattro parti sul rapimento in Svezia di due egiziani nel dicembre 2001.

La trasmissione sulla televisione svedese del programma televisivo in quattro parti Kalla Fakta (letteralmente, Fatti freddi) sulla “sparizione forzata” di due egiziani, Ahmed Agiza, 39enne, e Muhammad Al Zery, 33enne, è iniziata il 17 maggio 2004, e si può vedere [anche] in internet. I dettagli più importanti di quei sequestri di persona, tuttavia, non si trovano nella stampa statunitense.

Nel pomeriggio del 18 dicembre 2001, Ahmed Agiza è stato prelevato dalla polizia mentre tornava a casa di rientro dalle lezioni di svedese nella città Karlstad, nella Svezia occidentale. La moglie e i cinque figli lo aspettavano a casa.

Nel frattempo, a Stoccolma, la polizia di sicurezza svedese, la SÄPO, arrestava Al Zery sul posto di lavoro. I due egiziani poi sono stati portati con un veicolo all’aeroporto Bromma a Stockholm.

Quella notte, Paul Forell, un poliziotto con 25 anni di esperienza, è stato messo alla stazione di polizia dell’aeroporto di Bromma. Forell ha detto a Laurin ciò che aveva osservato:

“Prima è arrivata la polizia di sicurezza (SÄPO) ... dopo cinque o 10 minuti sono arrivati due statunitensi, in abiti civili, e siamo rimasti lì per un po’ a parlare,” ha detto. Gli statunitensi, ha aggiunto, avevano circa 35 anni, hanno detto quali fossero i loro prenomi, specificando che erano dell’ambasciata statunitense.”

“Ebbene, poi nella stazione [di polizia] è arrivato questo gruppo con gli arrestati, e tutto è proceduto molto velocemente,” ha detto Forell. “Gli arrestati, indossando i loro abiti, sono stati incatenati alle mani e ai piedi.”

Alla domanda su chi avesse portato gli arrestati alla stazione di polizia, Forell ha risposto: “Gli statunitensi. I poliziotti svedesi restavano dietro negli edifici pubblici esterni,” ha detto. “C’erano dai tre ai quattro uomini per ciascuno degli arrestati.” Gli statunitensi erano “vestiti in jeans e maglietta, e indossavano maschere nere.”

Forell, un astante, era l’unico poliziotto in divisa. “Praticamente non c’era spazio per me nella mia stazione di polizia,” ha aggiunto.

Laurin descrive cosa è accaduto successivamente: gli arrestati sono stati messi nello spogliatoio della stazione di polizia, e sempre incatenati alle mani e ai piedi, i loro abiti sono stati tagliati in pezzi. Una volta nudi, “supposte di tipo ignoto sono state infilate loro nel retto.”

Vestiti di pannolone e di palandrane, bendati e incappucciati, gli arrestati sono stati messi a bordo di automobili, ha riportato Laurin.

Il Gulfstream 5 con numero di immatricolazione N379P, “che volava per conto del Dipartimento della Difesa degli USA,” aspettava a parecchie centinaia di metri di distanza.

“Uno dei prigionieri è stato disteso sul pavimento con mani e piedi ammanettati tra loro dietro la schiena. L’altro è stato legato bene nella cabina, con le mani sulla testa.”

I due egiziani arrestati, circa otto statunitensi e due agenti di polizia della SÄPO sono decollati alle ore 9:49 pomeridiane, secondo quanto riportato in Kalla Fakta. “Quanto l’aereo è atterrato al Cairo alle ore 3 del mattino, i prigionieri sono stati consegnati a funzionari dei servizi segreti egiziani.”


NESSUNA PROVA

“Travestiti da agenti di un’unità militare statunitense, rispondenti per le loro azioni direttamente alla Casa Bianca, è permesso loro prendere il commando sul suolo svedese, in violazione della legge svedese. In un’operazione segreta e brutale, due egiziani che avevano l’asilo politico in Svezia sono rapiti e portati in Egitto per essere torturati,” ha riportato Kalla Fakta. “Sono sospettati di terrorismo, ma nessuna prova al riguardo è stata presentata.”

Dopo due anni e mezzo di torture in una prigione egiziana, Al Zery è stato dichiarato innocente e rilasciato. Agiza, in un processo militare, è stato condannato a 25 anni di prigione.

Il giornalista statunitense Seymour Hersh [ebreo, ndt], in un’intervista con Kalla Fakta, sembra identificarsi con coloro che hanno perpetrato i sequestri di persona illegali ricorrendo costantemente al pronome “noi.”

“Stiamo parlando dell’operazione più delicata al mondo,” ha detto Hersh. “Con la capacità di andare in una nazione con documenti falsi, andare in qualsiasi nazione al mondo, entrare a casa di qualcuno che stiamo cercando, buttargli giù la porta di casa, trascinarlo via, metterlo in un aeroplano e trasportarlo in volo fino a varie strutture … dove possiamo eseguire interrogatori, o i nostri alleati possono farlo in nostra vece.”

“Ciò che è accaduto in Svezia stava per accadere e anzi, è accaduto, in tutto il mondo. Le persone venivano prelevate, senza il dovuto ricorso a qualsiasi preoccupazione di tipo legale; punto. E può succedere poiché vogliamo che accada,” ha detto Hersh.

Quel Gulfstream 5 ha completato almeno 72 operazioni del genere il oltre 30 nazioni, ha riportato Laurin, sempre seguendo lo stesso schema ricorrente. “Dopo essere decollato dalla base madre a Smithfield, nella Carolina del Nord, fa una breve tappa all’aeroporto Dulles International Airport, situato vicino ai quartieri generali della CIA e al Pentagono.

“Le destinazioni dei suoi voli sono esclusivamente nazioni alleate degli USA nella lotta al terrorismo: Marocco, Libia, Egitto, Giordania, Uzbekistan, e Pakistan,” secondo quanto riportato in Kalla Fakta, “paesi nei quali i prigionieri sono tenuti e interrogati, ben oltre quanto consentito alle corti statunitensi e a quelle internazionali.”


GLI ESTONI SPARITI

Le sparizioni forzate dalla Svezia attuate dagli USA non sono una novità, stando al giornalista Sven Anér. Più di 10 anni fa, il 28 settembre 1994, nove estoni sopravvissuti all’affondamento del traghetto Estonia “scomparvero” in un modo simile.

Il giorno dopo il naufragio, i nomi di nove membri dell’equipaggio furono rimossi dalle liste dei 146 riportati come sopravvissuti, mentre un Gulfstream 4 (numero di immatricolazione N971L), e un Boeing 727-200 (numero di immatricolazione VR-CLM) lasciavano l’aeroporto Arlanda di Stoccolma trasportando ciascuno rispettivamente 4 e 5 passeggeri di identità non dichiarata. Anér è in possesso della documentazione dall’archivio dell’aeroporto che mostra che le spese per quei due aeroplani furono pagate dall’ambasciata statunitense a Stoccolma.

Tra coloro che sono scomparsi dopo avere avuto il proprio nome inserito nelle liste dei sopravvissuti al naufragio dell’Estonia c’erano uno dei capitani, Avo Piht, e uno dei capi ingegneri della nave, Lembit Leiger. Piht e Leiger sarebbero testimoni chiave in relazione alla capacità della nave di essere in condizioni di navigare, al suo carico, e alla cause del suo misterioso naufragio, che costò la vita a 852 persone.


CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ

Le “sparizioni forzate” e le torture sono “crimini contro l’umanità,” secondo lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, al quale l’amministrazione Bush si è opposta.

La sparizione forzata, secondo lo statuto del 1998, “si intende l’arresto, la detenzione, o il sequestro di persone da parte o con l’autorizzazione, il supporto o l’acquiescenza di uno stato o di una organizzazione politica, seguito dal rifiuto di riconoscere tale privazione della libertà o di dare informazioni sul destino o sulla sorte di quelle persone, con l’intento di sottrarle alla protezione della legge per un periodo prolungato di tempo.”

Mentre le domande poste ai dipartimenti di Stato, della difesa, e della giustizia statunitensi sulla liceità delle “extraordinary rendition” sono rimaste senza risposta, una nota del 19 marzo 2004 di Jack L. Goldsmith, procuratore generale aggiunto [nel testo, assistant attorney general], rivela chiaramente l’intento dell’amministrazione Bush di disobbedire alla legge internazionale.

La relazione di Goldsmith, indirizzata a Alberto R. Gonzales, e di consiglio al presidente statunitense e agli avvocati di massimo rango del Dipartimento di Stato statunitense, del Dipartimento della Difesa statunitense, della CIA, e del National Security Council (*), afferma che gli USA non devono per forza rispettare l’articolo 49 della 4ª Convenzione di Ginevra.

L’articolo 49, tuttavia, è molto chiaro: “Trasferimenti forzati di individui o di massa, e, parimente, la deportazione, da territori occupati a territori della potenza occupante o a qualsiasi altra nazione, occupata o no, di persone protette sono proibite, indipendentemente dal motivo.”

Al pari di un talmudista che nega la legge mosaica, dopo 13 pagine di argomentazioni tortuose, Goldsmith scrive: “Concludiamo è permesso trasferire «persone protette», non accusate di aver commesso qualche reato, dall’Iraq a un’altra nazione per un periodo di tempo breve ma non indefinito, perché siano interrogate.”

Gli esperti legali dicono che la “relazione della tortura” di Goldsmith ha condotto ai diffusi maltrattamenti dei detenuti iracheni della prigione Abu Ghraib.

Di recente Goldsmith, considerato un “criminale di guerra” da alcuni uomini di legge specializzati in diritto internazionale per avere autorizzato crimini di guerra con la sua “relazione della tortura,” ha accettato un posto di insegnante universitario alla Harvard Law School [la facoltà di legge dell’università di Harvard, ndt] (HLS).

Francis A. Boyle, laureato magna cum laude (**) alla Harvard Law School e professore di diritto internazionale all’università University of Illinois, lavora per rimpiazzare Goldsmith e i dean [professori che fanno parte del direttivo universitario, ndt] che lo hanno assunto alla Harvard Law School. Boyle ha detto che permettere a un “criminale di guerra” come Goldsmith di insegnare legge è “una resa e un tradimento di 80 anni di studi giuridici progressisti ad Harvard.”

(*) Il National Security Council (NSC), letteralmente Consiglio per la Sicurezza Nazionale, è il principale organo utilizzato dal presidente degli USA in materia di sicurezza nazionale e di politica estera.
(**) Nel sistema universitario anglosassone coloro che si laureano con il massimo dei voti possono ricevere in aggiunta una delle seguenti onorificenze: cum laude, magna cum laude, e summa cum laude, corrispondenti nelle università italiane, alla lode, alla menzione speciale, e all’abbraccio accademico, ndt.


Importante:

Christopher Bollyn e famiglia sono MIA (*)

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Fate circolare i collegamenti telematici ai suoi articoli e cercate di trovare più persone che si uniscano a noi nella nostra lotta per esporre la corruzione. Non permettere “loro” di eliminarci tutti! Mostrate che tutto ciò vi importa!

(*) MIA, ovvero “Missing in Action,” si traduce in “disperso in un’azione di guerra.”